Il codice civile dispone, all’art. 2697, che “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”. È questo il cosiddetto “principio dell’onere della prova” secondo il quale l’attore ha, in prima battuta, il dovere di dimostrare i fatti che sostengono la sua richiesta al fine di convincere il giudice in merito alla fondatezza del diritto vantato. Di contro, il convenuto che voglia eccepire l’inefficacia di tali fatti o che il diritto vantato dall’attore si sia modificato o estinto, “deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda”. Risulta, dunque, evidente la centralità della prova all’interno del giudizio civile, una prova che può distinguersi in due macroaree: documentale (scrittura privata; atto pubblico; scritture contabili etc…) ed orale (testimonianza, confessione, giuramento, etc…). Tra le prove documentali, rientrano le riproduzioni meccaniche indicate dall’art. 2712 c.c., e cioè “le riproduzioni fotografiche, informatiche o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e in genere ogni altra rappresentazione meccanica di fatti e delle cose rappresentate”. In merito alle stesse, la recente Ordinanza n. 30977 del 03/12/2024 della Terza Sezione della Corte di Cassazione ha specificato che “In tema di prove civili, la registrazione su nastro magnetico di una conversazione telefonica può costituire fonte di prova, ex art. 2712 c.c., se colui contro il quale la registrazione è prodotta non contesta né che la conversazione è realmente avvenuta, né il suo tenore risultante dal nastro, e sempre che almeno uno dei soggetti in essa coinvolti sia parte in causa”. Va però specificato che, pur non potendo assurgere a “piena prova” la riproduzione meccanica contestata, la stessa non perde completamente ogni valore probatorio restando comunque suscettibile di valutazione da parte del Giudice “secondo il suo prudente apprezzamento” come disposto dall’art. 116, co.1, c.p.c. Avv. Gian Piero Bottalico